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La disfagia in seguito ad ictus

Diagnosticarla e contrastarla

Deglutire è un atto ben più complesso di quel che si potrebbe immaginare. Mediamente si fa più di 1000 volte al giorno per bere, mangiare ed eliminare saliva e muchi che si formano nella gola.

Senza accorgersene chiunque compie un’azione che si può suddividere in 4 fasi distintela fase di preparazione orale e quella orale sono fasi volontarie che comprendono la masticazione e il trasferimento del cibo verso la faringe, mentre la fase faringea e quella esofagea sono involontarie e  fanno sì che gli alimenti superando l’epiglottide, non si perdano tra le vie aeree e arrivino invece allo stomaco grazie alla peristalsi.

Se una di queste 4 fasi non funziona perfettamente, ingoiare diventa difficile o impossibile e si parla di disfagia, la quale può essere causata da un malfunzionamento di uno qualsiasi dei protagonisti delle 4 fasi e prende il nome di disfagia orofaringea o esofagea in base al tipo di problema presente.

Cos’è la disfagia e chi ne soffre?

La disfagia è la conseguenza di altre situazioni specifiche: anzianità, assunzione di farmaci particolari, operazioni chirurgiche che coinvolgono il cervello o ictus sono le cause più frequenti.

In particolare il 45-67% dei pazienti colpiti da ictus presentano disfagia entro i 3 giorni seguenti l’attacco.

Avere la disfagia significa non riuscire a mangiare e bere e andare quindi incontro a problemi seri di malnutrizione e disidratazione con tutte le conseguenze a cui questo può portare, ma  il rischio più grave è quello della polmonite da aspirazione, di cui mediamente soffre entro i primi 5 giorni dallo stroke una percentuale di pazienti che varia dal 19,5% al 42%. Non riuscire a deglutire fa sì che spesso le cose vadano di traverso, si tossisca o si aspirino piccole parti solide; capita cioè che frammenti di cibo arrivino ai polmoni provocando una polmonite che può risultare anche fatale, specialmente nelle condizioni di deperimento in cui versano molti pazienti che soffrono di disfagia.

Come viene diagnosticata la disfagia?

I test per tentare di rilevare il problema di disfagia il più tempestivamente possibile sono molti. I medici che se ne occupano possono essere specialisti di vario genere, dal logopedista all’otorinolaringoiatra e tutti possono avvalersi di esami specifici per ottenere un esatto screening della disfagia: si può ricavare una registrazione video grazie al VFS(deglutizione al bario modificato) o al FEESFEESST che utilizzano fibre ottiche flessibili per seguire tutto l’atto della deglutizione; vi è poi il test di deglutizione dell’acqua (positivo nel 61% dei casi entro 6 giorni dall’ictus) e il test di Daniels, che raccoglie una quantità di fattori di rischio che è bene valutare se siano presenti nel paziente con stroke, il Toronto Badside Swallowing Test, che valuta la motilità delle vie digerenti ed ha un 91% di affidabilità, e il GUSS test, che si divide in 3 fasi successive.

Gli specialisti possono avvalersi del test che ritengono più opportuno, ma una standardizzazione potrebbe semplificare il processo di valutazione e trattamento del problema; per questo in una stroke unit di Rovigo è stato deciso di utilizzare soltanto il GUSS test in fase acuta dell’ictus per evitare di dover inapropriatamente inserire il sondino naso-gastrico (SNG) prima di accertarne la necessità.

Il risultato di questo studio ha mostrato un successo tale che nel gruppo di pazienti facenti parte del progetto, nessuno si è ammalato di polmonite da aspirazione e una percentuale di pazienti che si aggira attorno all’80% ha potuto alimentarsi naturalmente senza bisogno dell’SNG, applicato soltanto nel 30% dei casi.

Come viene trattata la disfagia conclamata?

Quando la disfagia è causata da farmaci o cause esterne, l’unica cosa possibile da fare è eliminare il fattore che la provoca. Nel caso di disfagia in seguito ad ictus invece, la situazione è più complessa. È difficile eliminare la disfunzione, ma è possibile imparare a gestirla grazie a un team di medici in grado di capire la specificità del problema individuale e di indicare al paziente la giusta direzione da intraprendere. In alcuni casi alcuni movimenti del collo possono facilitare la deglutizione, mentre chi ha problemi con i liquidi, può gelificarli (acqua compresa) imparando a capire quale sia la giusta consistenza che può essere ingerita senza problemi.

La cosa fondamentale è che è sicuramente possibile eliminare il problema nutrizionale, perché il paziente che tende a rendere i pasti inesistenti o molto, molto frugali, dopo un periodo di riabilitazione ricomincerà a mangiare e viene superato anche il problema psicologico; il soggetto infatti, insicuro a causa delle difficoltà riscontrate durante i pasti tenderà a limitare fortemente i momenti di  socialità sviluppando una condizione depressiva che grazie agli esperti può e deve essere superata per ridonare al soggetto la propria vita in relazione agli altri.

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